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Questo post nasce dalle riflessioni fatte durante (e anche dopo) un ciclo di seminari tenuto dal collettivo ippolita un paio di anni fa.



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Scenario



Una di quelle noiosissime feste, appena prima che la gente inizi a ballare rendendole ancora più tediose. Bruno, psicologo misantropo, incontra una suo vecchia ma lontanissima conoscenza: Carlo. Gli si avvicina perché non lo vede da molto tempo e comunque parlare con lui non può essere peggio che dimenarsi come un orso a cui hanno pestato una zampa, al ritmo di musica di gusto discutibile.



Bruno: «Ciao Carlo! Cosa hai fatto in tutto questo tempo? Non dire: "sono andato a letto presto"; sono 20 anni che rispondi a questa maniera e quel film lo abbiamo visto tutti.»

Carlo: «In effetti ho dormito molto in questo periodo, per la precisione 2 anni e tre settimane»

Bruno: «Che vuoi dire? Devo preoccuparmi?»

Carlo: «Beh, non è più necessario, grazie del pensiero comunque! Ho avuto un incidente di auto quasi tre anni fa è sono stato ospite dello stato: nel senso degli ospedali pubblici!»

Bruno: «Ma che cosa mi dici? E adesso — scusa la domanda che apparirà stupida — stai bene?»

Carlo: «E tutt'altro che stupida invece! Perché vedi la risposta è: "sì, sto bene" ma forse non sarebbe una risposta sincera"

Bruno: «Perché? Stai male invece?»

Carlo: «No sto benissimo, ma il fatto è che le cure necessarie per farmi guarire hanno eliminato la mia coscienza»

Bruno: «Sei sempre stato un tipo senza scrupoli!»

Carlo: «Intendo sul serio! Sai che mio fratello è primario al dipartimento di neurochirurgia del policlinico. Lui — essendo mio tutore legale — mi ha sottoposto ad una procedura sperimentale.»

Bruno: «E poteva farlo?»

Carlo: «Non si sa, ma non vorrei divagare. L'operazione è andata bene, sono guarito, ma ho perso quella cosa a cui pensi quando pensi a te stesso.»

Bruno: «Il simbolo del "sé". E cosa ti hanno fatto esattamente?»

Carlo: «Sì, quello. Hai sempre fatto buone letture! In pratica mi hanno asportato la porzione di cervello danneggiata sostituendola con un chip avanzatissimo che riproduce le funzionalità di quello mancante (tutto a spese dei contribuenti). Il chip ha immagazzinato le informazioni della porzione asportata; che non aveva danni tissutali, solo metabolici. Dopo è stato collegato, dendrite per dendrite, al resto del mio cervello, esattamente come era collegata la parte di materia grigia asportata. Ed eccomi qui, anche se non so chi sia quell'io che è qui, esattamente.»

Bruno: «Capita a tutti di sentirsi spaesati. Ma cosa intendi esattamente quando dici che non hai più coscienza di te?"

Carlo: «Non posso spiegarlo esattamente, per capirlo dovresti essere me»

Bruno: «Però non c'è nessun "te", giusto?»

Carlo: «Immagino di sì»

Bruno: «Immagini?»

Carlo: «Beh, non "immagino" veramente, ovvero io immagino, sogno persino, esattamente come — sono sicuro — fai tu. Ma in realtà una parte del mio pensiero è prodotto dal chip che simula i neuroni mancanti del mio cervello, una simulazione precisa neurone per neurone, eppure non si tratta di altro che un mucchio di segnali elettrici che transitano di qui è di li secondo delle regole precise: banale fisica. Come potrebbe sapere questa scheda elettronica, che dice al mio cervello cosa risponderti su "cosa sia essere me", cosa sia essere me? Non direi neanche che capisce cosa mi stai dicendo!»

Bruno: «Non credo di capire nanche io, se è per questo. Senti ma possiedi ancora delle regole morali?»

Carlo: «Certamente! Ti ho forse mai fatto dubitare il contrario? Per chi mi hai preso?»

Bruno: «Bene, allora forse ti ricorderai che avevi perso una scommessa con me, e mi avevi promesso di offrirmi da bere. Direi che è tempo di pagare il tuo debito e andare al bar qui di fronte. E in fretta perché la musica comincia a diventare insopportabile.»

Carlo: «Va bene, anche se non ricordo di alcuna scommessa: forse c'è un bug nella simulazione»

Bruno: «Lo penso spesso anche io.»



Certi filosofi hanno progettato una serie di problemi molto ben argomentati (i qualia, per esempio), altri meno, costruiti in maniera tale da impedirne la verifica sperimentale. Per i detrattori dell'IA è un argomentazione forte perché l'esistenza di tali fenomeni presupporrebbe l'incapacità di ridurre la mente a d un fenomeno fisico. Purtroppo per loro, tali problemi non si applicano ai processi mentali ed è facile capire il perché. Le premesse sono: se le leggi della fisica valgono, valgono in tutto l'universo (chiedete ad un fisico); la mente è il prodotto di funzioni fisiologiche del cervello. Quindi, dato che il cervello è parte dell'universo, per lui valgono le leggi della fisica (anche sconosciute) e dunque è indagabile tramite la scienza, l'indagine può includere i meccanismi di generazione e funzionamento di *tutti* i processi mentali.



A meno che le leggi della fisica non valgano, oppure esista l'anima: s'intende.



Il fatto che si possano conoscere non implica che li si conosca (infatti — per quanto ne so — non li si conosce ancora, per lo più) o che siano emulabili da macchine costruite dall'uomo, naturalmente. Ma se anche non fosse possibile costruirle, ciò rappresenterebbe una disfatta tale da impedire ad una macchina di essere intelligente? La mia risposta, evidentemente visto l'inizio di questo post, è no; per tali (e altre) questioni dovrò scrivere, credo, degli altri post, perché la nostra soglia dell'attenzione è ormai quella che è. 😺





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