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Markdown, AsciiDoc e Fountain


Semplicità, versatilità e portabilità in un sistema di scrittura leggero, rapido e potente.


Come già scritto all'inizio del precedente post: mi piace scrivere e sperimentare. Questo mi ha portato in più di un'occasione a perdere del (prezioso) tempo, che avrei potuto dedicare alla scrittura, ma allo stesso tempo mi ha portato a scoprire nuove possibilità di approccio a quella scrittura che - ricordiamolo - non può vivere di staticità (in quel caso potrebbe arrivare a sopravvivere), quanto della giusta dose di dinamismo che deve far parte non solo del flusso di lavoro di un autore, ma di tutto il suo approccio alla materia e addirittura allo stile di vita nella sua interezza.


Non è un esagerazione. Lo sperimentare, e spesso sbagliare, mi ha portato sì a qualche fastidioso e frequente mal di testa, ma anche a nuove e inaspettate sorprese che sarebbero rimaste chiuse nello scrigno dell'inesperienza, in quel limbo che a volte bisogna esplorare nel tentativo - per quanto possibile nelle nostre capacità - di dissipare la nebbia che limita lo sguardo oltre quello che già conosciamo.


E una delle mie "sperimentazioni" mi ha portato all'utilizzo del Plain Text nel mio workflow quotidiano. Sembra quasi una sciocchezza, un paradosso nell'era dei modelli AI e delle applicazioni sovradimensionate per l'attività di scrittura creativa, ma il mio percorso ha preso una strada in controtendenza rispetto alla piega evolutiva che osservo all'esterno. In passato ho sperimentato varie applicazioni, alcune delle quali molto famose e blasonate (oltre ad essere a pagamento) e di cui non riferirò il nome perché closed-source, non disponibili nativamente in sistemi GNU/Linux e perché non hanno bisogno di ulteriore pubblicità. Sono poi passato ad applicazioni di media versatilità come Cherrytree, LibreOffice Writer, Manuskript, oStoryBook e Scribus, ma anche il più professionale Lyx (quest'ultimo che adotta un sistema di scrittura WYSIWYM è utilizzato con successo per tesi universitarie e testi molto complessi per via del suo legame con LaTeX per la generazione dell'output). Il vero punto di svolta per me è stata invece l'adozione e l'adattamento nel mio flusso di lavoro del Plain Text.


Perché proprio il Plain Text?


È semplice, versatile e altamente portabile. Agli esordi non sono sempre stati disponibili programmi di word processor avanzati, e per l'autore tornare (o iniziare) con il Plain Text è un ritorno alle origini della scrittura, quasi come poteva essere con la macchina da scrivere o carta & penna, ma con la comodità del supporto elettronico di memorizzazione e modifica. La semplicità sta proprio nello scrivere senza preoccuparsi troppo dell'impaginazione visiva, della spaziatura e dimensione del font e delle millemila opzioni dei word processor spesso inutili per l'autore, ma preoccuparsi solamente di scrivere seguendo il naturale flusso di lavoro creativo. Tutto il resto del lavoro avverrà in seguito. E proprio ciò che serve in seguito dimostra quanto il Plain Text (in sintassi Markdown, AsciiDoc o Fountain) sia versatile. È puro testo che può essere aperto e modificato con qualsiasi text-editor o applicazione di videoscrittura, istantaneamente commutabile in qualsiasi formato utile per l'editoria moderna come ad esempio LaTex, pdf, html e file .doc, per essere inserito in progetti e contesti più o meno ampi senza il bisogno di condividere gli stessi software utilizzato da eventuali editor o correttore di bozze. Alla semplicità e versatilità si aggiunge la portabilità, sì, perché un intero libro è contenuto in pochi kb, e può essere consultato non solo da qualsiasi altra applicazione o diversi sistemi operativi (anche closed source) ma anche (e soprattutto) da diverso hardware (come tablet, smartphone mini pc raspberry), consentendo una consultazione e condivisione del proprio lavoro più semplice, immediata e efficace.


Per sua natura il Plain Text può essere usato così come viene scritto in un semplice file .txt, ma è nel momento in cui lo si utilizza in una sintassi specifica che acquista i suoi veri super-poteri. Nella mia personale opinione raggruppo queste tre sintassi perfette per i diversi casi d'uso:


Markdown: per scrivere articoli e testi di narrativa

AsciiDoc: per scrivere documentazione e testi tecnici

Fountain: per scrivere sceneggiature


L'autore non ha bisogno di altro se non del suo talento, immaginazione, voglia di scrivere e, ovviamente, un text-editor che sia adatto per utilizzare il plain text in tutta la sua potenzialità. Ne ho provati diversi ed ecco i miei preferiti:


Zettlr: utilizza la sintassi Markdown ed è perfetto per la scrittura di testi di narrativa. Lo uso non soltanto per la stesura finale del testo, ma anche come strumento di report, un completo 'raccoglitore' di idee e della struttura generale dell'opera (report che in precedenza creavo con Cherrytree).


VSCodium: è forse il più potente e user-friendly text editor (in realtà è un IDE) tra quelli che ho utilizzato, perché permette di usare e avere l'output in tempo reale di tutte e tre le sintassi (Markdown, AsciiDoc e Fountain), oltre a poter essere usato come raccoglitore.


Emacs: è forse più potente di VSCodium in termini di varietà d'uso (come l'altro ha sintassi e output di Markdown, AsciiDoc e Fountain), ma è un text-editor poco user-friendly agli inizi. Imparare a gestirlo è complesso, ma una volta imparato è perfetto.


Vim e/o Neovim: al pari di Emacs è potente quanto difficile ai primi utilizzi, poi la strada è tutta in discesa.


Geany: come Emacs eVSCodium permette di lavorare nelle tre sintassi ed ha un'interfaccia pulita e facile da usare. Consigliatissimo.


Apostrophe: come Zettlr 'lavora' la sintassi Markdown, ma per concentrarsi solo sulla scrittura è perfetto. Lo consiglio per stesure finali quando le distrazioni sono da evitare.


Ghostwriter: al pari di Apostrophe, ma per ambiente KDE.


gnome-text-editor, Mousepad, Micro, Nano: sono text editor di base molto affidabili, possono andar bene per scrivere un singolo articolo oppure un intero libro. Semplicità non significa inaccuratezza.


EOF


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